A
quanto pare sesso e web non vanno così d’accordo.
L’istituto di endocrinologia e andrologia dell’Università di Padova ha condotto uno studio approfondito dal quale è emerso che chi frequenta chat e
siti a luci rosse ha “effetti collaterali”: giovani e adulti ricevendo effetti
stimolanti finiscono con il cadere in una vera e propria dipendenza ossessiva
che, a sua volta, sfocia nell’autoerotismo patologico e nell’inibizione della
ricerca di incontri “reali”.
Comunque sia, adulti o giovani, i frequentatori di
siti pornografici e affini vengono a denunciare patologie sessuali quali
anoressia sessuale, turbe nell’orgasmo, disfunzioni erettili.
La
SIAMS (Società italiana di andrologia e medicina della sessualità), nell’ultimo
suo convegno a Lecce, discutendo tra gli altri anche di questo tema, ha portato
alla luce un fenomeno in grande crescita, denunciandone la pericolosità.
Del
resto, parlando con i Responsabili delle Risorse Umane delle aziende, noto come
sia sempre più frequente limitare gli accessi alla rete. A quanto pare anche il
luogo di lavoro non è indenne da queste tendenze obbligando le imprese a prendere
drastiche contromisure limitando le possibilità di navigare sul web “a ruota
libera” durante le ore di lavoro.
Tuttavia
il problema rimane e il web, come tutti gli strumenti, se da una parte è
fantastico perché permette di aprire orizzonti che prima non si sarebbero mai
incrociati dall’altra, se siamo navigatori poco consapevoli, può farci perdere
la rotta nel suo infinito. A noi la scelta.
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