martedì 26 maggio 2009

Caffè salato e cambiamento

Gli italiani, si sa, sono grandi bevitori di caffè, da sempre. Quella del caffè non è solo una “dipendenza”, ma anche un rito sociale che si consuma in casa, al bar, sul lavoro.
E’ di questi giorni la notizia che a causa delle eccessive piogge in Colombia e della siccità in Brasile le scorte mondiali di caffè sono diminuite e questo provocherà un aumento dei prezzi. Sono un bevitore di caffè e, nonostante tutto, non rinuncerò alla mia tazzina e sono certo che, come me, lo faranno tanti altri italiani.

Prendo spunto dal caffè per parlarvi di abitudini.
Nella formazione o nella consulenza, modificare le abitudini è come chiedere a tutti di smettere di bere il caffè, totalmente. Questo per darvi un’idea concreta di quanto sia forte la resistenza al cambiamento.

Il problema è che, mentre per qualcosa che ci piace siamo disposti a modificare i nostri comportamenti, lo stesso non si può dire quando siamo al lavoro. Cambiare abitudini in un’azienda non sempre significa lavorare di più: significa coordinarsi meglio, dividere con responsabilità i compiti, sentirsi parte di una squadra e non spettatori della partita.

La verità è che per cambiare bisogna essere pronti a sacrificare qualcosa e spesso questo non siamo disposti a farlo nemmeno nella prospettiva di una situazione lavorativa migliore.
Dall’altra parte ho esempi di chi ha rischiato e ha vinto la sfida del cambiamento e ora ha aziende solide dove le persone lavorano con più soddisfazione.
Vorrei invitarvi a prendere un caffè con loro… chissà se il cambiamento si diffonderà più velocemente.

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