Ho appena letto un interessante articolo tratto dal Financial Times
dove si parla di alcuni libri pubblicati di recente che raccontano l’esperienza della solitudine e del silenzio così com’è stata vissuta in prima persona dagli autori.
L’esperimento ha radici lontane: Robinson Crusoe, naufrago sull’isola è forse uno degli esempi più conosciuti. Nella costrizione del silenzio dell’isola, Robinson, una volta ritrovato se stesso, si organizza e ricostruisce con i mezzi a sua disposizione un’intera vita.
Che dire? Il silenzio aguzza l’ingegno, dona saggezza e ci fa sentire bene con noi stessi? Penso di sì.
Con Abbey Programme® ho potuto notare che il silenzio “penetra” nei partecipanti con l’avanzare del corso facendoli sentire sempre più a loro agio. Del resto viviamo nella società del “pieno” (iperattività, relazioni sociali e di lavoro, suoni, stimoli continui) per cui abituarsi ai “vuoti” (silenzio, introspezione) è un esercizio difficile, per alcuni impossibile.
All’inizio del corso sono costretto ad imporre il silenzio, spesso lo devo richiamare, ma via via che il tempo passa le persone imparano prima a parlare sottovoce, poi a parlare solo nei momenti strettamente necessari.
La fase 3 di Abbey Programme® è tutta impostata su silenzio, riflessione e autoanalisi: l’epilogo insomma di una formazione esperienziale che deve aiutare le persone a trovare la loro via, le loro soluzioni pratiche per la vita di tutti i giorni. E sempre avviene che, come Robinson, anche i miei partecipanti, alla fine, imparano a non sentirsi così soli sull’isola deserta, ma al centro di un mondo intero.
E voi come vivete il silenzio?
dove si parla di alcuni libri pubblicati di recente che raccontano l’esperienza della solitudine e del silenzio così com’è stata vissuta in prima persona dagli autori.
L’esperimento ha radici lontane: Robinson Crusoe, naufrago sull’isola è forse uno degli esempi più conosciuti. Nella costrizione del silenzio dell’isola, Robinson, una volta ritrovato se stesso, si organizza e ricostruisce con i mezzi a sua disposizione un’intera vita.
Che dire? Il silenzio aguzza l’ingegno, dona saggezza e ci fa sentire bene con noi stessi? Penso di sì.
Con Abbey Programme® ho potuto notare che il silenzio “penetra” nei partecipanti con l’avanzare del corso facendoli sentire sempre più a loro agio. Del resto viviamo nella società del “pieno” (iperattività, relazioni sociali e di lavoro, suoni, stimoli continui) per cui abituarsi ai “vuoti” (silenzio, introspezione) è un esercizio difficile, per alcuni impossibile.
All’inizio del corso sono costretto ad imporre il silenzio, spesso lo devo richiamare, ma via via che il tempo passa le persone imparano prima a parlare sottovoce, poi a parlare solo nei momenti strettamente necessari.
La fase 3 di Abbey Programme® è tutta impostata su silenzio, riflessione e autoanalisi: l’epilogo insomma di una formazione esperienziale che deve aiutare le persone a trovare la loro via, le loro soluzioni pratiche per la vita di tutti i giorni. E sempre avviene che, come Robinson, anche i miei partecipanti, alla fine, imparano a non sentirsi così soli sull’isola deserta, ma al centro di un mondo intero.
E voi come vivete il silenzio?
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