martedì 11 marzo 2008

Imprenditori di prua o di poppa?

“Partono i bastimenti per terre ormai lontane....” cantava una vecchia canzone quando gli italiani emigravano in massa dalle nostre regioni povere verso il Nord e il Sud America. Durante il lungo viaggio alcuni avevano solo nostalgia di ciò che lasciavano: erano gli “emigranti di poppa”. Altri, invece, erano attratti da un futuro migliore e dalla curiosità del nuovo mondo: erano gli “emigranti di prua”.

Queste definizioni del professor De Masi, titolare della cattedra di sociologia del Lavoro (La Sapienza – Roma) che ho trovato in un suo articolo pubblicato da Style Magazine del Corriere della Sera mi danno lo spunto per questo nuovo post dopo l’altrettanto “nautico” pensiero del fine settimana di Ward.

Dunque, la nave e il viaggio: le osservazioni di De Masi non valgono solo per gli affamati di pane e lavoro, ma anche per i moderni imprenditori.

Ne incontro tanti che vivono attaccati al passato di padri e di nonni che hanno fatto fortuna perché, oltre alle indubbie capacità, non avevano la spietata concorrenza di oggi. E ne incontro altrettanti che guardano solo al futuro e costruiscono cattedrali impossibili macinando un presente che non sanno godersi.

Come in ogni nave ci sono poi altri casi. Ci sono quelli che soffrono della “sindrome della nave” e quelli che soffrono il mal di mare e ad ogni novità “vomitano il loro non capire” del perché si debba cambiare o del perché determinate strategie siano più importanti di altre.

Ma ci sono anche quelli stanchi dei compagni di bordo: sono quelli che hanno un sogno, ma sanno che dovranno faticare per realizzarlo, faranno i passi giusti sul ponte e se anche il mare sarà agitato sapranno stare saldi ai loro principi e ai loro obiettivi senza cadere fuori bordo.
Sicuramente non faranno grandi fortune, ma se la caveranno bene. Li distinguo sempre quando sono alla ricerca di nuovo personale: in mezzo a chi urla per tornare, chi strepita per arrivare, chi pensa solo a strigliare il ponte fino a consumarlo, eccoli che, stanchi di tutto, vorrebbero andare in cabina a farsi una bella dormita, per ritemprare le forze perché una volta in porto ci sarà solo da rimboccarsi le maniche.

L’importante per tutti è avere la certezza di non essere sul Titanic e con i tempi che corrono è gia tanto.
A che punto siamo, tra il dire e il fare

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