martedì 19 febbraio 2008

Mission: questa volta parliamo del film

Mentre scrivevo il post precedente mi è venuto alla mente un film del 1986 con Robert De Niro e Jeremy Irons: Mission
La trama penso sia nota a tutti: i gesuti fondano una missione in Amazzonia insegnando ai nativi l’agricoltura e alcuni lavori artigianali come la costruzione di strumenti musicali. Nel frattempo si sviluppa uno scontro politico tra Portoghesi e Spagnoli che coinvolge anche la chiesa. Accanto a temi sociali quali lo sfruttamento di schiavi e il colonialismo il problema che i gesuiti devono affrontare è: obbedire alla chiusura delle missioni abbandonando i nativi o rimanere con loro venendo meno al voto di obbedienza che avevano fatto? Le risposte sono diverse: c’è chi obbedisce, chi combatte e chi pacificamente accetta la morte.
Spesso, durante un corso, le persone si lamentano dei loro dirigenti e delle decisioni che questi prendono richiedendo accettazione e determinazione nella realizzazione delle consegne. La situazione non è molto diversa da quella del film: ognuno pensa di avere lavorato bene, e quindi perché si dovrebbero abbandonare determinati principi per soddisfare le politiche aziendali? E, come nel film, c’è chi accetta, chi combatte, chi si rassegna, chi spera di poter cambiare le cose con il proprio lavoro e chi ne cerca un altro.

Francamente non so dire qual è l’atteggiamento, la risposta più giusta. E’ forse illuminante, a questo proposito, l’ultima scena del film Mission dove un bambino indigeno, nudo, torna con pochi sopravvissuti nella foresta; mentre scappa da quel mondo che lo voleva inglobare porta con sé un violino che alcuni suoi compagni avevano costruito. Quindi non tutto va perduto, un frammento di quello che era stato, di quello che aveva vissuto era ancora da salvare, da tenere da conto.

Alla fine vince sempre quell’uomo che con le esperienze positive che ha fatto sue, sa fare fronte a tutto ricominciando da capo. Un segnale di speranza per chi non crede più nel suo lavoro: siamo sempre noi a fare la differenza, anche a fronte di qualcosa di grande che vorrebbe farci cambiare la nostra natura. Essere noi stessi, far tesoro delle esperienze affrontate è quello che distingue, anche nei sistemi più complessi; chi riesce ad arricchire comunque il suo bagaglio può essere pronto ad affrontare il nuovo che arriva.

Nessun commento: