domenica 13 gennaio 2008

Più produttivi in ufficio? Usiamo le parolacce

Uno studio della Norwich University of East Anglia riportato su un articolo del Corriere delle Sera sostiene che le parolacce aiutino a combattere lo stress e creino solidarietà tra colleghi. La ricerca pone un unico limite: i colleghi anziani, i superiori e soprattutto i clienti.

Essere solidali nella risoluzione dei problemi è la base del team building, ma sono rimasto stupito che le parolacce potessero creare senso di appartenenza.

Per anni le parolacce identificavano determinate categorie professionali come ad esempio quella degli scaricatori di porto (premetto che non ne conosco quindi è anche per me un "sentito dire") o dei militari (dei quali si dice appunto "linguaggio da caserma"). Forse proprio la particolarità del lavoro e dell'ambiente in cui si svolge spinge le persone ad essere solidali e a socializzare più facilmente?
Osservando chi lavora in azienda ho notato una maggiore propensione alla "liberalizzazione della lingua" non solo da parte degli uomini, ma purtroppo anche da parte delle donne. Forse questo le rende più simili ai colleghi maschi normalmente più propensi al turpiloquio?

Ne parla anche Vito Tartamella nel suo interessante libro "Parolacce. Perché le diciamo, che cosa significano, quali effetti hanno".

È una tesi interessante anche perché non si parla dello "sbotto" nel quale ognuno di noi può cadere per infinite ragioni, ma proprio di una filosofia accettata e condivisa.
Sostengo sempre che bisogna parlare lo stesso linguaggio per poter comunicare bene, ma non vorrei dover aggiornare l'elenco di parolacce che conosco (e che di solito evito di usare) per poter parlare a dei manager...
Sicuramente esiste una maggiore accettazione di determinate terminologie, impensabile fino a qualche anno fa e oggi udibili anche alla TV in fasce non protette, che mi fa pensare ad una pura evoluzione linguistica; per il resto cercherò di non offendermi se nelle prossime riunioni qualche manager si lascerà andare un po'

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